Il sogno della macchina da cucire, di Bianca Pitzorno

Il sogno della macchina da cucire sulla mia vecchia Durkopp

Bianca Pitzorno è entrata in casa mia con una delle figlie, che da piccola ne divorava tutti i romanzi, la quale fu poi felice di suggerirmi uno dei suoi titoli “per grandi” La bambinaia francese, che mi piacque molto. In effetti la stessa Pitzorno dice di scrivere per tutti. Anche Il sogno della macchina da cucire è un romanzo per ogni età e quando è uscito in libreria sono subito corsa a comprarlo, principalmente perché il titolo condensa due mie grandi passioni: il romanzo e il cucito.

Io amo il cucito in tutte le sue categorie professionali, che un tempo ( prima che il prêt-à-porter
si imponesse nei grandi magazzini) erano strettamente regolamentate: fra sartoria maschile e femminile, censo e numero di dipendenti, e poi c’erano le sartine… che si dividevano fra quelle che ricevevano in case umide e maleodoranti e quelle che preferivano venire a svolgere il lavoro a domicilio.

Logo della mia vecchia macchina da cucire Durkopp

La mia era una casa medio-borghese e venivano di tanto in tanto a giornata (mai contemporaneamente) una sartina, una ricamatrice e una materassaia. L’ultima si occupava di aprire i meterassi, sprinacciare tutta la lana contenuta, lavare le fodere e poi ricostituirli con l’aiuto di aghi enormi, dritti o ricurvi. La ricamatrice faceva i corredi da letto e da tavola, mentre la sartina cambiava i colli alle camicie, aggiustava e rammendava gli abiti di mamma e papà e, quando non si poteva recuperarli, li trasformava in abiti per noi bambini, a cui cuciva anche la biancheria intima. Nelle case c’era una stanza del cucito con grandi armadi e una macchina da cucire. L’arrivo della sartina era sempre una festa, perchè ormai c’eravamo affezionati a lei e perché di ogni abito ne avrebbe fatto uno nuovo.

Con la sua scrittura scorrevole e leggera, Bianca Pitzorno immagina la vita di una di queste sartine a cavallo fra ottocento e novecento, una ragazzina rimasta sola che evita di andare “a servizio” (per non correre il rischio di farsi molestare dai padroncini) grazie all’arte del cucito insegnatale dalla nonna. Per merito della sua bravura, col tempo si conquista una clientela facoltosa ed entra nelle case dei ricchi, cucendo, osservando, ascoltando confidenze, diventando testimone di segreti inconfessabili, più appassionanti dei feuilleton che ama leggere. E così attraverso i suoi racconti Bianca Pitzorno ci descrive, con occhio attento alle istanze femminili, La marchesina Ester, che veste come un maschio e ama andare a cavallo; miss Lily Rose, l’americana, e il suo corsetto imbottito di banconote; le sorelle Provera e lo scandalo dei tessuti francesi; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto pur di difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, bimba selvatica…

La protagonista realizzerà il sogno della macchina da cucire, riuscendo a comprarsi un arnese a manovella, portatile, che rappresenta per l’epoca il prodigio più innovativo della tecnica.

Quarta di copertina

Bianca Pitzorno

Il sogno della macchina da cucire

Giunti editore, 2018

ISBN 8858780493, 9788858780497

233 pagine

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