Elda cap. 31, La vita nuova

Con un Natale povero e sereno la famiglia Lorenzi aveva concluso il 1943. Chi non aveva cari al fronte, o da piangere, festeggiò a Palermo con lo stesso stato d’animo. Se per Elda si allontanarono le Madonie, per i suoi genitori si allontanarono le frequentazioni anteguerra. Decaddero per morosità dall’affiliazione al Circolo e la loro fu finalmente una vita nei limiti delle proprie possibilità.

I giovani avevano una voglia febbrile di riprendere tutti i momenti di vita perduti, erano stati privati di molte più cose di quanto loro stessi avevano potuto immaginare. Le leggi autarchiche li avevano tagliati fuori dalla letteratura inglese e americana, dal jazz e dal cinema. Adesso la libreria Flaccovio permetteva di sostare fra gli scaffali a sfogliare libri, chiacchierare, senza il bisogno di comprare niente. Questo voleva dire conoscere, scambiare opinioni e i ragazzi vi si davano appuntamento dopo le lezioni universitarie. Era tanto semplice eppure nessuno ci aveva pensato prima. In precedenza Elda e Giulio avevano dovuto sottoporsi a lunghe burocrazie per ottenere in prestito un volume dalla biblioteca di Corso Vittorio e, se anche erano entrati in una libreria, da dietro il bancone un commesso aveva loro chiesto con fare compunto:

 “Desidera?”

In qualche caso i ragazzi buttavano lì il titolo di un classico che già conoscevano, mentre sbirciavano fra gli scaffali i dorsi tutti uguali nel desiderio di scovare autori sconosciuti. Adesso invece si poteva tenere il libro fra le mani, persino leggere qualche pagina e saltavano fuori nomi nuovi, Pavese, Vittorini.

Giulio come sempre viveva due vite diverse, fra l’impegno nello studio del padre, che si riprometteva di abbandonare appena questi fosse riuscito a reggerlo da solo, e la curiosità verso il mondo intellettuale. Con Vittorio era l’animatore di una sorta di crocevia letterario e artistico che aveva sede nella dépendance di Bagheria, l’attività politica si era ormai spostata in città e lì con loro adesso si incontravano pittori, giovani scrittori, poeti, discutevano del ruolo degli intellettuali nell’Italia che stava nascendo, si proponevano di organizzare rassegne di musica, riviste letterarie, mostre di pittura, festival cinematografici, molti di questi progetti sarebbero presto andati in porto, come ad esempio la collaborazione alla rivista Chiarezza[1].

Elda, dopo un primo momento di incertezza seguito alla rottura del suo fidanzamento, iniziava ad apprezzare la vita senza vincoli sentimentali, soprattutto perché si sentiva libera di immergersi in un mondo dove si discuteva di letteratura, filosofia, musica, temi di attualità. I luoghi di ritrovo erano pochi e ovunque lei andasse, con Giulio, con Ottavia o con i suoi amici dell’Università, era amica di tutti e tutti si conoscevano fra loro. Si parlava anche di politica e c’era chi iniziava a chiarire le proprie idee prendendo delle iniziative. L’antifascismo era ormai scontato e quei ragazzi avevano un’energia incontenibile, erano fieri e malvestiti e passeggiavano lungo la via della Libertà respirando l’aria di una vita da conquistare, finalmente! Mentre all’orizzonte s’intravedevano vincoli da spezzare e libertà da ottenere: via la monarchia e sì al voto anche alle donne.

Ma, da questo, com’è che arrivò il suo richiamo all’impegno politico? Questa era una domanda che Elda si era sentita fare molte volte nel corso della sua vita e ogni volta, doveva confessare, aveva risposto in modo diverso: era stata la lettura di un libro? L’incontro con una particolare persona? In realtà queste cose non avvengono mai d’un colpo, le diverse sferzate ricevute negli ultimi anni le avevano a poco a poco rivelato una coscienza della condizione femminile e una consapevolezza delle ingiustizie sociali, ma lei era anche una persona abituata a leggere e guardare le cose con curiosità, e poi come avrebbe potuto non cogliere l’irrequietezza che c’era in giro? Ritrovarsi giovani e vitali in una città a sovranità limitata, con la presenza paternalistica e incombente delle truppe alleate, con il crollo di valori quali patria e religione, con la libertà a un palmo di mano ma non ancora pienamente raggiunta, con la beffa di veder sempre le stesse facce riciclarsi, risvegliava orgoglio e desiderio di riscatto oltre al bisogno di cercare rapidamente altre ideologie e figure di riferimento. Le discussioni politiche alla villa di Bagheria erano state le sue prime esperienze, ma già nel primo inverno a Palermo gli stessi giovani avevano le idee più chiare e le conversazioni si spostavano dai crocicchi delle strade ai salotti di casa. Non c’erano molte distrazioni e non si parlava altro che di politica. Iniziarono a circolare le opere di Marx e di Engels, in copie passate di mano in mano e traduzioni estemporanee.

La famiglia di Ottavia era rientrata a Palermo, dove il padre aveva potuto riprendere il suo posto di violoncellista nell’orchestra del Teatro Massimo, la ragazza era ritornata a frequentare l’Accademia di Belle Arti e aveva anche un giro di amici che esponevano alla libreria Flaccovio. La sua famiglia abitava in via De Spuches, a due passi dalla casa di Elda e Giulio, così i tre ragazzi si vedevano spesso. Elda e Ottavia diventarono amiche inseparabili: tanto la prima era riservata e meticolosa, tanto l’altra era frizzante e passionale. A Ottavia, Elda era riuscita a confidare il garbuglio dei sentimenti che l’avevano portata a lasciare Augusto, mentre Ottavia le aveva rivelato il suo interesse per Ignazio Santelia, che adesso era entrato nel partito comunista appena uscito dalla clandestinità[2]. Aveva iniziato a partecipare con lui alle riunioni della federazione cittadina, assorbendo un fresco indottrinamento da scuola di partito e nei loro incontri al Giardino Inglese spiegava a Elda ogni cosa:

 “I separatisti sono pericolosi, hanno avuto sindaco e prefetto[3] e ora hanno pure un braccio armato[4] che si infila in mezzo ai morti di fame che chiedono il pane, per creare gli incidenti a qualsiasi costo; così la polizia spara e lascia per terra i poveretti. Lo fanno per impaurire la gente e imporre un governo armato.”

Elda l’ascoltava in silenzio e ogni tanto riusciva a infilare un commento:

“Sì, però c’è un sacco di gente che gli va dietro, anche all’Università molti studenti sono separatisti.”

Intanto al nord la guerra civile prendeva forme sempre più feroci e alla Federazione del PCI arrivavano gli aggiornamenti sui compagni partigiani caduti o fatti prigionieri, così Ottavia apprese della morte del professore Gorla, fucilato dopo orrende torture. Aveva tanto sentito parlare di lui da Elda e Giulio e perciò andò di persona a comunicarglielo. I due ragazzi rimasero un intero pomeriggio a guardarsi negli occhi disorientati, poi decisero di recarsi dalla sorella maggiore del professore.

In un appartamento al primo piano di una palazzina di via Torrearsa, circondata da quattro bambini e da un marito che non sembrava molto partecipe al suo lutto, la donna era completamente distrutta.

 “L’ho cresciuto come un figlio, non è giusto! Quante cose avrebbe ancora potuto fare!”

 “I suoi nipoti saranno orgogliosi di lui un giorno.” – disse Elda osservando i marmocchi avvinghiati alla mamma.

 “Erano la sua vita, come anche i suoi studenti, parlava sempre di tutti voi.”

 Elda non riusciva a trattenere le lacrime, mentre Giulio era impietrito.

 “Sento un vuoto terribile, ma spero che voi ragazzi raccogliate il suo insegnamento.” – concluse la donna. Elda e Giulio si accomiatarono da lei e percorsero la strada di ritorno in silenzio, mentre la ragazza tirava su col naso:

“Mi fa un’impressione tremenda, sapere che l’hanno torturato in quel modo… e poi lui non ha parlato… che coraggio!”

“Quante cose che mi ha insegnato, come mi apriva la testa al liceo, mi faceva ragionare, gli devo tanto. Quando in fondo qui la guerra era finita, lui è voluto andare a ogni costo dove c’era ancora da combattere… ci mancherà immensamente… è una perdita terribile.”

 “Quella donna ha ragione, dobbiamo raccogliere il suo insegnamento, dobbiamo fare qualcosa di più.”

 “Sì hai ragione, è importante affermare una cultura di sinistra, aiutare a diffondere tutto quello che ci è stato negato. Vorrei stampare i libri che qui ancora non sono arrivati, fare arrivare i film che non abbiamo visto, promuovere l’arte che non ci hanno fatto conoscere.”

 “Ma io intendevo qualcosa di più, certo la guerra sta finendo e non dico di andare come lui in montagna a combattere, ma c’è tanto da fare anche in Sicilia, veniamo da una dittatura e bisogna evitare che succeda di nuovo, la gente è disorientata e bisogna organizzare il dissenso.”

 “Ma ti sei messa a parlare come Ottavia? Non mi vorrai dire che prenderai a frequentare la Federazione Comunista anche tu?”

“Che male c’è?”

 “Non dico che sia qualcosa di male ma non chiedere a me di fare lo stesso. Io non credo di essere tagliato per le riunioni di partito. Vorrei avere la libertà di occuparmi di cultura senza dover rendere conto di quello che faccio a una segreteria politica.”

 “Sì, hai ragione, ma se tutti ragionassero come te chi dovrebbe occuparsi di politica?”

…tratto dal romanzo Elda, vite di magnifici perdenti , di Maria Adele Cipolla

I capitoli illustrati verranno caricati ogni quattro giorni nella categoria Capitoli #progettoelda

Nella pagina Audiolibro #progettoelda si potranno ascoltare le letture di tutti i capitoli.


[1] La rivista “Chiarezza” nacque nel 1946, finanziata dal PCI e stampata dall’editore Flaccovio, con lo scopo di collegare gli intellettuali alla politica nella Sicilia di quegli anni. Era collegata con la rivista ”Il Politecnico” di Elio Vittorini ed era diretta da Salvatore Francesco Romano, ebbe fra i collaboratori esterni molte firme prestigiose. Purtroppo ebbe vita breve, soltanto un anno.

[2] il 10 gennaio del 1944 Poletti ripristinò nell’isola le libertà politiche

[3] Poletti l’11 settembre 1943 aveva insediato come prefetto il senatore Francesco Musotto, simpatizzante del movimento separatista, mentre il 23 settembre 1943, aveva insediato come Sindaco il possidente separatista Lucio Tasca.

[4] Il MIS aveva anche un braccio armato (EVIS) organizzato da Concetto Gallo, vi aderiva anche un certo professor Antonio Canepa e ne avrebbe anche fatto parte il bandito Salvatore Giuliano.

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